In questi giorni che fanno seguito al Natale, che dovrebbero essere di letizia, si susseguono cattive notizie su amici e parenti dei colleghi, di malattie che porteranno alla loro fine di questa vita terrena. Dall'altra parte del mondo, è stato giustiziato un uomo: cattivo, ingiustificabile, direi imperdonabile, se non forse da nostro Signore. Eppure, seppur diverse, queste situazioni mi mettono davanti all'ineluttabilità della morte. O meglio ancora, alla presa di coscienza del dover morire. Nel mio sentire è ben differente sapere che un giorno o l'altro morirò, speriamo di vecchiaia, da invece sapere di essere condannato a morire, per mano di altri o per una malattia incurabile. Se io penso a Saddam Hussein, provo pietà per quei suoi ultimi minuti visti in quei filmati passati e ripassati centinaia di volte in TV. La stessa pietà che lui non ha mai avuto per quelli che lui e la sua cricca hanno condannato a morti ancora più atroci. Ma n...